In Sardegna ci sono case di fate scavate nella roccia, fantasmi, folletti, cavalli verdi che animano la notte il cui silenzio è rotto solo dai versi degli animali che riescono a percepire la loro presenza.

Il mondo dei morti convive con quello dei vivi con assoluto rispetto e senza troppa paura, ognuno sa come ci si deve comportare. Anime penitenti, che non avendo completato il loro trapasso, nel corso della notte si muovono in mezzo a noi senza manifestarsi.

Sono loro, gli animali, che spesso ci avvisano che qualcosa o qualcuno si avvicina. I cani abbaiano, i pipistrelli entrano nelle case a presagio che nel giro di poco tempo qualcuno morirà.

C’è una Sardegna come questa, o davanti ai cammini si racconta che ci sia, come fa Antonio Setzu, custode del tempo in Passavamo sulla terra leggeri, dello scrittore Sergio Atzeni. Qui la storia si mescola col racconto epico, col mito e la leggenda, rivestendosi di iridescenze fiabesche, per narrare di un antico popolo proveniente dall’oriente e che il destino e i flutti hanno fatto approdare in un’isola senza nome.

“chiamavamo noi stessi S’Ard, che nell’antica lingua significa danzatori delle stelle.”

Così come Canne al vento di Grazia Deledda, l’unico romanzo gotico che possiamo vantare in Italia, è un libro di fantasmi. Dalla prima all’ultima pagina c’è la rievocazione di figure scomparse che influenzano e in qualche modo orientano la vita dei viventi.

“…Efix tuttavia rimase ancora là, immobile ad aspettare, la luna saliva davanti a lui e le voci della sera avvertivano l’uomo che la sua giornata era finita, era il grido cadenzato del cuculo, il zirlio dei grilli precoci, qualche gemito d’uccello, era il sospiro delle canne, e la voce sempre più chiara del fiume, ma era soprattutto un soffio, un ansito misterioso che pareva uscire dalla terra stessa, si, la giornata dell’uomo lavoratore era finita ma cominciava la vita fantastica dei folletti, delle fate, degli spiriti erranti”

Ancora oggi è così: la vita dei viventi è in un certo senso regolata da queste leggende, da un segreto collettivo che ci accompagna da sempre e con cui inconsciamente conviviamo.

La Sardegna sa essere dura come una madre. Come quelle madri che per proteggerci ci raccontavano storie spaventose, come quella de Sa mott’e funtà (o Marai farranca) che ci avrebbe sicuramente afferrati e portati giù nel pozzo se solo ci fossimo affacciati e riflessi nell’acqua. O quando ci consigliavano di non uscire a giocare nelle ore più calde dei pomeriggi estivi perché avremmo certamente incontrato Maria Solliana, una vecchia signora con la scure in mano pronta a farci del male.

Gli animali, gli alberi, la pietra, le canne, sono gli elementi portanti della storia sarda.

Lo sono anche i riti ancestrali, regolati dai ritmi e dalle necessità del mondo agropastorale legati quindi alla fertilità e alla natura.

Una visione magica del posto in cui sono cresciuta che ha a che fare con un inconscio complesso, mio ma anche di tutta la cultura sarda.

Il progetto fotografico “Comfort Zone”, di Valeria Sanna, ha conquistato il 2° posto nella categoria “Spazio Portfolio” di Portfolio Italia – edizione 2021.

L’autrice, Valeria Sanna

Valeria Sanna è nata a Mogorella, in provincia di Oristano, nel 1987 . Si appassiona alla fotografia sin da giovane, mezzo che usa per esprimere e raccontare con il suo occhio e il suo cuore il mondo che la circonda.

La macchina fotografica la usa come penna per descrivere ed interpretate le sue emozioni, mettendo al centro la ricerca di sé.

Nel 2020 si avvicina a BAM dove frequenta corsi e inizia una proficua collaborazione con Antonio Manta, intraprendendo un percorso formativo e lavorativo per dare vita ai suoi progetti.

Ha pubblicato un libro fotografico: “Viaggio a sud di Ortned”, che è possibile acquistare da questo link.

Potete approfondire i suoi lavori visitando il suo sito: www.valeriasanna.com

Valeria è presente anche su Facebook e Instagram.

Comfort Zone

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